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Andare allo Stadio per 30 anni: una vita da tifoso di Calcio

Il 15 aprile 1984, ragazzino, la mia prima volta a San Siro

14/04/2014
Andare allo Stadio per 30 anni: una vita da tifoso di Calcio

Zenga, Ferri, Bergomi, Bini, Bagni, Baresi, Muller, Pasinato, Altobelli, Sabato, Serena: è il 1984, 15 aprile, esattamente 30 anni fa. Una partita chiusa in fretta, come una pratica, che nessuno ricorda. 3-0 all'Avellino, gara di fine stagione (con gli azzurri campioni del mondo ma non qualificati per gli Europei), la primavera in arrivo e voglia d'estate nei cuori.

Nelle radio risuonano Moonlight Shadow e Here comes the rain again, ma ancora si balla Vamos a la Playa che ha conquistato tutti un anno prima.

Chi scrive ha 12 anni e del futuro non gli importa nulla. Quel giorno debutta a San Siro, assieme ai suoi amici dell'oratorio con i quali ha partecipato ad un concorso organizzato dall'Inter. Come premio può sfilare sul campo 'dei grandi campioni'. In realtà avrebbe dovuto sfilare in occasione di Inter-Udinese, qualche mese prima, ma quel giorno un diluvio universale aveva fatto rimandare la cosa. Da Zico a Barbadillo il passo è lungo, ma chi se ne frega se hai 12 anni e su quel campo ha camminato Platini. Va bene tutto.

Da allora son passati 30 anni. Per uno che ne ha 42, tutta la vita che si ricordi, praticamente. L'amore per il nerazzurro è (colpa?) merito di Max, lo sportivone del gruppo, il più carismatico. Quello che gioca meglio a calcio e tennis, che scia meglio, che ancora oggi può andare in giro in canottiera senza vergognarsi.

Da allora è Inter senza appello, odio per Milan e Juve, le altre contano solo quando non fanno vincere lo scudetto a queste due. Da allora, e lo è stato per 30 anni almeno, è suddivisione del genere umano in base alla squadra di appartenenza o alla dicotomia seguo il calcio/non me ne frega niente.

Posso avere tutti gli amici omosessuali che volete ma non so perché provo un senso di pietà, e di compassione, per chi non ama il calcio. So benissimo che è una stronzata, ma mi parte così, in maniera innata. Hai una disabilità? Non c'è problema. Non ami il Calcio? Cazzo, la natura con te è stata proprio bastarda.

Andare allo Stadio per 30 anni (saltando, veramente, solo una manciata di partite) significa omologare la tua vita al pulsantone della Lega Calcio: le donne hanno il ciclo, tu hai il Calendario, che ti spinge a rinviare di una settimana con una scusa il compleanno del suocero (che ha una gemella e quindi ecco sono nei guai il doppio) perché quel giorno c'è Inter-Livorno (cazzo Inter-Livorno!), che ti fa dormire per terra su un marciapiede per i biglietti della Champions, correre dato lo sciopero dei mezzi per un Inter-Fiorentina 2-2 gol di Ince e così via...

Andare allo Stadio per 30 anni significa averne viste di cotte e di crude, da ogni punto di vista: le delusioni più cocenti (Inter-Malmoe di Coppa dei Campioni, il rigore di Recoba in Inter-Helsingborg, il rigore di Winter in Inter-Schalke 04), i comportamenti più nefasti (la rissa in un Inter-Napoli del 1989, motorini e balle varie), le gioie ma anche tanti momenti di freddo, pioggia e solitudine in cui ci si chiede: "ma chi me lo fa fare?", salvo poi esserci la partita successiva.

Andare allo Stadio per 30 anni significa condivisione, se hai almeno un amico (e io per anni ne ho avuto 10) che ti accompagni. E alla fine passano giocatori e tornei, ma resta questo: resta lo scambio di sguardi con il socio con cui battezzi un nuovo acquisto dopo 10 minuti che lo vedi giocare (e se decidete che è una pippa, non cambiate idea), restano le due ore passate assieme e l'arrivederci 'a fra due settimane'.

E adesso che allo Stadio, dopo 30 anni, porto mia figlia Elena, mi chiedo come vedrà la cosa tra 30 anni. Se si ricorderà di Inter-Cluj quando Milito si è rotto il ginocchio e noi eravamo a 5 metri, di Inter-Parma 2-2 che aveva 4 anni e sugli spalti giocava a Barbie con sua sorella Alice, delle volte che l'Inter ha perso e mi son sentito in colpa perché era delusa.

Io ricordo mio padre, che non ha mai amato troppo i momenti di confusione pubblica ma mi portava nei 'popolari' e ancora oggi cita la coppia Altobelli&Rummenigge: prese addirittura la macchina, il 3 ottobre 1990, per il Bentegodi di Verona e Inter-Rapid Vienna 3-1.

Andare allo Stadio per 30 anni significa aver visto tanti campioni (Platini, CR7, Messi, Maradona, Matthaeus, Figo, Zidane...) e tanti giocatori che ti chiedi: "Se ce l'hanno fatta loro...".

Andare allo Stadio per 30 anni significa perpetuare il tuo sogno di bambino, quando la vita la puoi sfidare su un campo di Calcio e ogni cosa è lecita, anche un gol in rovesciata all'ultimo minuto. Perché 30 anni dopo quel gol non lo puoi segnare, cara grazia se sei al 90°, arroccato in difesa, per proteggere lo 0-0...