Martin Mystre

[Recensione] Martin Mystre 322, Congiura nei cieli

In edicola dall'11 agosto 2012

16/08/2012
[Recensione] Martin Mystre 322, Congiura nei cieli

Martin Mystére 322
"Congiura nei cieli"

Di Carlo Recagno ed Esposito Bros

Scheda dei contenuti

Nell’ambito delle celebrazioni dei trentennale, la collana regolare di Martin Mystére dedica un albo ai nemici storici per eccellenza (escluso Sergej Orloff) e alla loro evoluzione nel corso degli anni: si tratta degli Uomini In Nero, nella loro versione "moderna" in cui la fazione delle "Colombe" sembra finalmente aver avuto il sopravvento su quella violenta e spietata dei "Falchi". Non che ci sia da farsi illusioni, ovviamente: sebbene si tratti di un’anima più intellettuale degli UiN, la fazione delle Colombe persegue comunque lo scopo di mantenere l’umanità nell’ignoranza della storia, per cui non esita a ingannare, rubare e uccidere, pur di garantire lo status quo del sonno della ragione.
A dire il vero, gli UiN in versione filosofica sono già apparsi durante le celebrazioni dell’anniversario, nello Speciale n. 29, “Gli enigmi del giovane Martin”, ma in quel caso si trattava della loro versione antecedente al 1984, e la trama non era focalizzata sulle dinamiche del gruppo.
In questo albo n. 322, invece, la famigerata "organizzazione dei distruttori della conoscenza" gioca un ruolo di primo piano e ciò offre l’occasione di ridefinirne posizione e situazione nella continuità Mysteriana contemporanea, facendo il punto del passato e anticipando il futuro.
Per quanto riguarda la storia relativamente recente degli UiN, si parla di come Erickson (un Uomo In Nero "illuminato" creato da Vincenzo Beretta e poi rilanciato da Alessandro Russo) cerchi di riformare l’organizzazione: si vede che l’incontro con Martin, che sembrava aver portato quest’ultimo a condividere una certa parte della mentalità degli UiN, ha invece avuto l’effetto opposto di aprire gli occhi a Erickson. Per la storia più antica, si allude al tentativo di reclutare Martin, visto nel succitato Speciale n. 29.
Non manca un altro riferimento alla continuità che sembrava ormai dimenticato: il misterioso "grande capo massimo" degli UiN, chiunque egli sia (Mark Mystére?), ha dato ordine di non torcere un capello a Martin, del quale parla sempre di un certo affetto (lo sappiamo sin dal MM Gigante “La città dei maghi” ).
Il nuovo Uomo In Nero qui introdotto, il signor Mallory, specifica che le Colombe non considerano Martin un pericolo: eppure, nello stesso tempo, le sue parole sembrano presagire uno scontro futuro.

Che Martin non sia stato influenzato dai suoi contatti con gli UiN, però, è improbabile: più di una volta, infatti, gli è capitato di distruggere oggetti provenienti da un passato sconosciuto, solitamente dopo che questi ultimi erano stati utilizzati da personaggi senza scrupoli che erano giunti a causare una qualche catastrofe.
In questa nuova storia non ci sono oggetti del genere, ma durante la puntata di “I mysteri di Mystére” compare un aspetto di Martin vista solo di rado, ma non sconosciuto: quella dello scettico implacabile, che smantella con rigore ferreo (e quasi crudele) le teorie del povero complottista di turno.
E’ veramente così, quindi? Con l’età, Martin è praticamente diventato un Uomo In Nero, che zittisce chiunque offra “interpretazioni alternative” della realtà? Sembrerebbe di sì, soprattutto alla luce dei discorsi di scherno che, anche in privato, porta avanti riguardo al complotto delle scie chimiche.
Eppure, questa è una lettura superficiale: quelle che Martin sta demolendo, infatti, sono le affermazioni menzognere di un cialtrone che sta deliberatamente e con malizia facendo leva sulle paure della gente comune, per seminare il panico e distrarla dai veri problemi. E Sebastian Holz non è solo uno sciacallo che specula su teorie assurde a scopo di lucro, è anche e soprattutto un agente degli Uomini In Nero, dedito a propagare una menzogna creata da questi ultimi.
In altre parole, e per usare proprio le sue, Martin ha “annusato” la natura (telefonata) di imbroglione di Holz (come già gli è accaduto in passato, e dopotutto ha un’esperienza trentennale con questi personaggi, ormai li saprà distinguere!); contestandone le teoria, ha a tutti gli effetti combattuto contro l’ennesimo inganno degli Uomini In Nero.
Nonostante le apparenze di oscurantista, quindi, Martin ha ancora una volta cercato di opporsi ai suoi eterni nemici (che comunque dicono di non essere tali, ma a parole siamo bravi tutti). La differenza rispetto ai conflitti tradizionali è che qui la battaglia si gioca su un piano più “intellettuale”, in cui la presunta “verità scomoda” è invece uno strumento degli UiN (come nel famoso adagio sul diavolo che cita le sacre scritture a proprio vantaggio).
Purtroppo, anche questa volta gli UiN hanno vinto; come sempre, visto che Atlantide e compagnia sono ancora considerati fole per bambini, dalla società contemporanea dell’universo di MM. A pensarci bene, la sola “sconfitta sul campo” riportata dagli UiN è sempre stata solo quella di non riuscire a uccidere Martin nei vari scontri a fuoco: per il resto, se si eccettuano le schermaglie in chiave supereroistica con Altrove su Zona X, purtroppo è sempre riuscito loro di far sparire in qualche modo le prove scomode di qualunque realtà volessero tenere segreta al pubblico.


Torna quindi anche un elemento degli UiN che è stato evidenziato anche da Alfredo Castelli e da Russo, il primo in occasioni relative soprattutto alla ideazione dell’ideologia del gruppo, il secondo su Zona X.
Si tratta della manipolazione dell’opinione pubblica, ottenuta facendo leva sul paure e pregiudizi: non a caso, si tratta di due elementi che nascono dall’ignoranza, che gli UiN sono maestri nell’alimentare. Nel fumetto, la paura è quella di “un pericolo da complotto”, come appunto le scie chimiche, ma non è difficile cogliere un’affinità, per esempio, con il “pericolo dello straniero che viene qui a stuprare e rubare il lavoro” oppure il “pericolo dei comunisti”.

A proposito della congiura del titolo, per risolvere questa trama è stata scelta una soluzione “al contrario” che è già comparsa almeno una volta nella serie. E non a caso, Martin Mystére n. 295 è proprio l’unico albo di cui viene fornito il rimando in una nota interna.
Non è solo per quello che la trama ci risulta familiare, però: l’idea di uno sceneggiatore che viene assunto perché usi inconsapevolmente la sua fantasia per gli scopi di una qualche sinistra organizzazione segreta non è esattamente nuova.
Dove l’abbiamo già sentita? Al momento mi sfugge, ma sembrerebbe una trama da Zona X prima maniera, oppure da antologia dei “racconti impossibili” di Martin, o addirittura da Topolino. Presumibilmente, si tratterebbe di una storia scritta da Castelli, spiegando così le numerose somiglianze fisiche e professionali tra lui e il personaggio di Canton Everett (il cui nome deriva da un personaggio della serie Doctor Who).



Questo albo può essere diviso grossolanamente in tre parti e la terza, che comprende la rivelazione della verità sul non-complotto fornita da Canton Everett e l’incontro di Martin con gli UiN, costituisce la parte più interessante.
La prima parte riguarda in linea di massima la caduta di Fred Morton nella spirale della paranoia e risulta un po’ scontata e ridondante (come è ovvio che sia, visto che sta dipingendo le fantasie ossessive di una persona vittima della paranoia).
La seconda parte, che coinvolge Martin (lo scontro televisivo con Holz e le “indagini” sulla morte di Morton) è la più verbosa e lenta: sebbene la documentazione sull’argomento (pro e contro) sia estremamente benvenuta, l’impressione è che l’esposizione della stessa sia stata fortemente dilatata per compensare la semplicità della trama e raggiungere così la quota obbligatoria delle 160 pagine.
Questo albo è uno di quelli che avrebbe forse beneficiato di una doppia storia: una da un centinaio di pagine per la vicenda delle scie chimiche; un’altra di una sessantina (sullo stile di quello che era il formato originale pensato per MM) con un argomento completamente diverso e di soluzione più rapida (magari una storia d’azione, per bilanciare la precedente).
Così non è stato e ben vengano quindi le argomentazioni abbondanti, che per fortuna sfuggono al rischio di essere ridondanti (e già questo da solo è un conseguimento assai notevole).
Benvenuto è stato anche l’esito dello scontro verbale tra Martin e Holz nella diretta tv: in mano a sceneggiatori mediocri, per riuscire a far comprendere al lettore chi è il “cattivo” della situazione, Holz avrebbe alzato le mani su Martin, scatenando una rissa conclusa da Martin che avrebbe sferrato un indignato pugno finale “da giusto castigatore” all’imbroglione spregevole. Questa soluzione, tanto volgare quanto abusata, ci è stata risparmiata (e non è solo per fortuna: è una scelta deliberata, parte dello stesso piano programmatico che ha definito tutto l’albo e i suoi contenuti).

Anche la sequenza con i coniugi Morgan (che non si chiamano più Jones, e se volete sapere perché dovete leggere La vendetta del lampadario) sembra svolgere il ruolo di riempitivo, sebbene sia divertente che l’incarico venga affidato a elementi noti della continuità.
Stesso discorso per il pedinamento degli UiN ai danni di Martin, con relativo pestaggio: ai vecchi tempi sarebbe stata una scena d’azione obbligatoria (quanto inutile e noiosa); al giorno d’oggi, sembra solo improbabile.
Altre sequenze che sanno di riempitivo sono quelle relative alle conversazioni del pilota Hal.
La stessa caratterizzazione piuttosto manichea dei due “cattivi” (cioè il fanatico della cospirazione Morton e il populista Holz), reiterata da diverse angolazioni, stanca in fretta. Forse sarebbe stata meno noiosa (e meno riempitiva) se i due personaggi non avessero ricevuto connotazioni da “malvagio” meno esplicite, sia nei dialoghi che nei disegni: coi loro vaneggiamenti dozzinali e palesemente infondati, porgono entrambi i fianchi a Martin per essere sbugiardati e derisi; e non parliamo delle smorfie da “vero cattivo” di Morton, veramente fuori luogo per un personaggio che dovrebbe vedere se stesso come l’eroe della situazione. Al lettore viene un po’ il sospetto di stare perdendo tempo, nel seguire le vicende private di due simili poveracci tanto impegnati a darsi la zappa sui piedi a ogni passo. Certo, non siamo ancora al livello del poliziotto razzista cattivissimo che si esibisce in deliri auto-accusatori nel bel mezzo di un processo (neanche soffrisse della sindrome di Tourette), per fortuna.

La presenza di Travis e Diana, la coppia di autori e il periodo estivo della pubblicazione di questo albo sono elementi che lo accomunano (per caso) a Martin Mystére n. 315, "Con la coda dell'occhio", uscito nel 2011. E anche là c’era un famoso fanatico dell’ipotesi ufologia, cioè il povero Eriksen. Diventerà mica un’altra tradizione della collana?

Il pilota di aerei si chiama Hal: sarà un riferimento ad Hal Jordan, cioè la “Lanterna Verde” per eccellenza del fumetto DC Comics di Green Lantern?
Da notare l’ennesima ragazza che fa la svenevole con Martin: un altro esempio del “soft reboot” per ringiovanire il personaggio.

L’intreccio è particolarmente lineare, quasi banale nella sua semplicità, tanto da portare a sfiorare la noia durante la lettura, nonostante i contenuti validi. Il cambiamento di stile di Recagno è particolarmente netto, se lo si confronta con certe sue opere precedenti che dimostrano la capacità di gestire narrazioni molto più complesse (le famose “sfide” al lettore, che ripagano effettivamente dell’acquisto dell’albo). Non è chiaro se si tratti di una fase di stanca, di una storia poco ispirata, di una nuova linea per la serie o di un tentativo di omaggio: la struttura con scene che fanno pensare continuamente a situazioni da cospirazione, ma si risolvono in cose più “ordinarie”, richiama con forza MM n. 174, “Affari di famiglia”, nel quale sembrava che ogni angolo della storia della famiglia Mystére nascondesse chissà quali misteri, mentre in realtà si trattava sempre di equivoci ed esagerazioni.



Le fondamenta di una leggenda metropolitana: “ci credo perché è già successo”
di

Gli articoli finali di approfondimento non possono approfondire più di tanto, visto che la storia ha avuto modo di sviscerare l’argomento assai più dettagliatamente di quanto possano fare tre semplici pagine, ma c’è una osservazione di Alfredo Castelli che vale l’intero albo: nella nostra realtà, numerosi analisti sapevano della crisi finanziaria che stava per abbattersi sull’USA e l’Europa, ma hanno taciuto, per vari motivi; non è quindi impossibile che alcune leggende metropolitane sulle congiure siano vere, perché il ragionamento del “coinvolge troppe persone, e qualcuno parlerebbe” non ha funzionato nella realtà dei fatti.
Esiste un precedente, insomma.

Da qui, ci si sposta a un altro ragionamento che non regge: “se le scie fossero dannose, come farebbero i cospiratori a proteggersi?”. La risposta potrebbe essere la stessa di poco fa: la crisi finanziaria, nata dalla bolla speculativa che scommetteva sull’insolvenza di sempre più gente che si indebita per vivere al di sopra dei propri mezzi (come accade anche da noi), non ha colpito che i “poveracci”; i principali attori di questo disastro sono spesso e volentieri diventati più ricchi, e anche se qualcuno (pochissimi) ha pagato (relativamente), molti altri ne sono usciti indenni perché i governi stessi sono intervenuti per salvarli. E gli “aiuti” sono stati trasformati in premi personali.
Insomma, chi causa scientemente un disastro per trarne vantaggio, probabilmente è così astuto da procurarsi i mezzi per proteggersi dallo stesso.

Se vogliamo un altro, esempio, consideriamo come i grandi industriali dell’auto e del petrolio non siano esattamente esposti alla stessa atmosfera inquinata che respiriamo noi: usano elicotteri mentre noi soffochiamo nel traffico, fanno costruire eliporti ovunque in barba alla devastazione ambientale, dispongono di uffici in cima a grattacieli sempre più nuovi, hanno l’aria condizionata ovunque, vivono in ville circondate dal verde, passano tutti i periodi che vogliono in paradisi turistici elitari e incontaminati…
Oppure, possiamo parlare di Quirra, in Sardegna, o delle discariche di materiali radioattivi che infettano sia quell’isola che il resto del nostro territorio. Che si tratti “dell’esercito” che compie esercitazioni/sperimentazioni con armi “sporche” o “del governo” che deve compiacere i privati che vogliono arricchirsi subito con la produzione energia, poco importa (e visto com’è facile trasformare una denuncia in uno scherno di delirio paranoico, virgolettando le parole chiave che screditano automaticamente il testo?). Il risultato è sempre lo stesso: non sarà un complotto per ottenere qualche risultato da film di fantascienza (o da fumetto del mystero), ma comunque siamo davanti al frutto dell’irresponsabilità, dell’avidità e della dissennatezza inconfessabile di rappresentati di interessi privati che non si sono fatti scrupoli a perseguire i propri scopi con qualunque mezzo, incuranti delle conseguenze.

In conclusione, dopo questa edificante carrellata di esempi “paranoici”: la credibilità di cui godono certe “teorie paranoiche del complotto” non sta nella forza oggettiva delle prove addotte, ma nel fatto che ogni giorno, intorno a noi, vediamo i risultati dell’incoscienza di amministratori delegati e compagnia che avvelenano irresponsabilmente ogni angolo del mondo al solo scopo di pompare le loro stock options e simili, solitamente dopo che il politico di turno si è riempito le tasche di tangenti concedendo non solo favolosi appalti, ma anche permessi per svolgere attività illegali con un effetto devastante sulla salute dei comuni cittadini (come lo sversamento di materiali tossici nelle fondamenta di una nuova linea ferroviaria dedicata a un trasporto merci inesistente; o la costruzione di centri commerciali sopra terreni non bonificati che avevano ospitato per decenni industrie chimiche che producevano scarti letali; casi concreti che hanno visto interventi dei Carabinieri, della Magistratura e dell’Unione Europea, purtroppo a disastro fatto).
A fronte di ciò che esperiamo personalmente, sentirci raccontare che “il governo” (o le aziende private che controllano gli enti statali tramite persone chiave che intrecciano gli interessi più disparati, sedendo in n-mila consigli di amministrazione) sta favorendo attività a noi dannose nei cieli per motivi che ci vengono tenuti nascosti, ci sembra non solo credibile, ma estremamente probabile. Perché è un comportamento che viviamo sulla nostra pelle ogni giorno, solo in altri ambiti.

Lungi da noi sostenere che questa particolare teoria del complotto abbia qualcosa di credibile, sia chiaro. Quello che manca nella faccenda delle scie chimiche, ovviamente, sono le prove concrete: analisi dei gas, campioni di questi “veleni”, letteratura medica sugli effetti che avrebbero (ma come si fa a pretendere di correlare ciò che accade al suolo con quello che viene disperso in cielo? Con tutte le più disparate forme di inquinamento che già ci stanno avvelenando e che provengono da luoghi molto più alla portata, ma che nessuno si preoccupa di controllare?)

E’ un peccato però che Martin Mystére, fautore del pensiero laterale (come ci ricorda bene Cristian nell’articolo che segue), si sia fatto sfuggire l’occasione per riflettere su questa componente psicologica/sociologica di una certa attualità (però c’è una vignetta in cui usa la parola “inquinamento”): da come persegue con ostinazione maniacale solamente lo smantellamento di questa teoria del complotto, sembra quasi che abbia un accanimento personale verso l’argomento (di cui però non c’è traccia nel fumetto o nella sua storia persona). Forse sarebbe stato più efficace mostrare un Martin Mystere vagamente possibilista all’inizio, ma che è costretto a divenire uno scettico implacabile davanti ai ragionamenti insensati e all’arroganza infantile manifestati da Holz e Morton nell’esporre/imporre le loro Verità: per come è presentata la storia, invece, sembra (e ribadisco sembra) che Martin li abbia giudicati a priori. Non è vero, ma la storia non dà spazio a questa fase.

In conclusione: una definitiva pietra tombale su qualunque remota possibilità di parvenza di credibilità di questa congiura è stata comunque posta dalla nota relativa all’interrogazione parlamentare sul tema presentata dall’onorevole “Responsabile” Scilipoti.



Il punto della situazione: Martin Mystére ieri e oggi. E domani?
di Cristian Di Biase

Martin Mystére n.322
è l'esemplificazione delle profonde contraddizioni che regolano il mondo, anzi, i mondi: quello reale e quello "mysteriano".
Franco Villa ha già spiegato abbondantemente la prima contraddizione: le menzogne quotidianamente perpetrate ad ogni livello sociale e mediatico, illusoria speranza e spesso unico rifugio esistenziale di molte (troppe) persone, sono l'unica via per tirare avanti quella complessa carretta che è la nostra società.
La seconda contraddizione non è del tutto slegata dalla prima, ma, meno pretenziosamente, si limita ad influenzare il percorso narrativo ed editoriale del nostro personaggio preferito. Detto in parole semplici: Martin Mystére, oggi, è un fumetto pieno di contraddizioni.
Il "detective dell'impossibile", che sempre si è (giustamente) vantato, e nell'albo in edicola di nuovo se ne vanta, di possedere una mente aperta e scevra di pregiudizi, ma mai freddamente cinica, spesso e volentieri ha dimostrato il contrario. Il celebre MM Gigante n. 2, "Xanadu", il primo team-up con il quasi intollerato Dylan Dog o la gran parte delle storie scritte da Morales sono alcuni esempi di queste cadute di stile dell'uomo Martin. Una lista, questa, a cui va ora aggiunto il nuovo "Congiura nei cieli", sul quale, però, grava un ulteriore fardello. Chi scrive ha iniziato a leggere Martin Mystére esattamente dieci anni fa, nell'Agosto del 2002: l'albo era il numero 245, seconda parte di una trilogia a sua volta tassello di una saga dai toni fantasy, avventurosi e soap. Fosse in edicola oggi, probabilmente strali d'ogni forma e tipologia colpirebbero quella storia "marvelliana" e fantasiosa, per di più monca e completamente immersa nella continuity. Orrore! Ci si domanderebbe, credo, come un albo del genere possa interessare un quattordicenne ed invogliarlo a recuperare in fretta e furia gli arretrati. Dieci anni più tardi, lo stesso trio d'autori responsabile di quell'eresia (ma allora era più o meno la norma) imbastisce una storia in cui Martin pare aver completamente dimenticato che alla mente aperta e ai pensieri laterali ha sempre affiancato una buona dose di fantasia (infantile fantasia, perchè no?). Nella sequenza - destinata a divenire celebre al pari di altri storici momenti mysteriani - di "Congiura nei cieli" in cui Martin sbugiarda in diretta tv Sebastian Holz è ravvisabile la contraddizione umana del nostro eroe (o antieroe? Né l'uno né l'altro, in realtà). Martin fa cosa buona e giusta nello screditare bufale e menzogne e fa cosa ancora più giusta nel ridimensionare il populismo mediatico di cui si fa forza Holz (ma va detto che molto lo aiuta la configurazione un po' stereotipata ed isterica dello stesso Holz). A mio avviso, però, sbaglia nel non lasciare assolutamente e inequivocabilmente aperto alcuno spiraglio di possibilità a favore della tesi, per quanto assurda possa essere. La questione non riguarda nello specifico le scie chimiche, che fungono da casus belli: è l'atteggiamento di Martin nei confronti del mystero di turno che qui si vuole analizzare.


Nel 1982 Martin era assolutamente convinto dell'esistenza di Atlantide e Mu, pur essendo totalmente sprovvisto di prove concrete (com'è noto, le troverà solo nel n.1). Non godeva nemmeno di molto credito, e "Mystère's Mysteries of the past" e "Mystère's mysteries" (il suo libro e la sua trasmissione televisiva) avevano la stessa valenza che hanno oggi i libri e i programmi tv di Roberto Giacobbo (con l'ovvio distinguo: Martin è arrivato prima). Si dava, però, da fare, si poneva domande anche razionalmente "assurde" ed otteneva, così, qualche risultato. Trent'anni dopo, Martin scredita il complottista, ma non contribuisce attivamente al discorso. Si potrebbe obiettare, e non a torto, che sia il complottista a dover dimostrare la propria tesi, e/o che la tesi sia, in ogni caso, abbastanza assurda da poter essere ridimensionata senza troppi patemi. Eppure chi scrive è convinto che un tempo Martin i patemi li avrebbe avuti.


Nell'intervista del 15 Agosto pubblicata sull'Unità, Castelli ripropone un suo cavallo di battaglia: il mistero non sta sepolto in qualche isola sommersa ma lo si trova anche dietro l’angolo di casa. Martin resta sempre un incurabile curioso, in grado di trovare qualcosa di affascinante in ogni posto, in ogni oggetto. Mi piace ripetere spesso una frase di Maupassant: “La cosa più insignificante nasconde un po’ di mistero: troviamolo” . Evidentemente in "Congiura nei cieli" Martin si dimentica dell'insegnamento di Maupassant ed eccede in scetticismo nei confronti dell’inspiegabile come Piero Angela e il Cipac (il Comitato per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale) (ovvero il Cicap, a proposito di informazione corretta...) cui Castelli si "sente più vicino" rispetto al Giacobbo emulo del suo personaggio. Nulla di male, i tempi cambiano, e l'evoluzione di personaggio e autore è uno dei punti di forza e di vanto della serie. Tuttavia, è una serie che non ha ancora ritrovato quell'equilibrio ben sintetizzato da Castelli nella succitata intervista: Penso che uccidere la fantasia sia una grave colpa, anche se è molto peggio trattare le persone come boccaloni... forse c’è una via di mezzo. Eppure, la serie di MM ha festeggiato trent'anni di onorata carriera con una storia di pura fantasia che ha dovuto giustificare l'essere di fantasia, ed ora con una storia ultrarazionale che cerca di giustificare l'essere ultrarazionale. Nel mezzo, due storie paradossalmente troppo equilibrate, prive di particolari guizzi.


Come mai una serie così contraddittoria, quasi che fosse intimorita da se stessa e dalle proprie potenzialità? Viene da pensare che anche la bimestralità - al pari di altre formule editoriali sperimentate in passato - abbia imbrigliato autori e personaggi in una gabbia che, terminato l'entusiasmo "caciarone" iniziale, si sta rivelando meno dorata di quel che poteva apparire qualche anno fa. Eppure è questa la via che da tempo Castelli pare aver scelto: non è sconosciuta ai più la voglia del creatore di Martin di trasformare il suo fumetto "italiano", dal paratesto economico e dalle uscite ravvicinate, in un fumetto "francese", dal paratesto particolarmente curato e dalle uscite sporadiche, o comunque molto diluite nel tempo. Il personaggio Martin, essendo di carta, sopravvivrebbe benissimo alla transizione, anzi, azzardo una previsione: sopravvivrà senza dubbio. Morirebbe, invece, la serie, nel senso più stretto del termine, ovvero nell'accezione di opera seriale o serializzata, costituita da storie concatenate, dalla doppia valenza di singole avventure e tasselli di un mosaico più grande (la chiameremmo "continuity", se non fosse che quella parola pare essere divenuta una parolaccia); morirebbe il Martin Mystère fumetto seriale, per capirci. Sono due strade, quella tradizionale bonellide e quella più naif ed autoconclusiva, entrambe legittime e fruttuose, se ogni potenzialità ne viene sfruttata appieno. Per ora Martin Mystére è ancora in Bonelli ed è, formalmente, ancora un'opera seriale, ma si presenta come una Ferrari utilizzata a mo' di utilitaria. Per sfruttare appieno le potenzialità del fumetto, occorrerebbe, a mio avviso, renderlo per l'appunto più "seriale" e fare in modo che finito un albo si abbia già voglia di leggere il successivo. Per fare questo occorre che Martin "ritrovi uno scopo", come già lo stesso Castelli si riprometteva più di dieci anni fa sulla mailing list BVZM [su istigazione di Franco, ma guarda un po’]. Occorrerebbe, credo, un leitmotiv che ad ogni storia dia l'impressione di aver letto, oltre alla storia, una parte di una Storia più grande. Di nuovo, per fare questo occorrerebbe che Martin per primo recuperi la voglia di trovare il mystero anche nella cosa più assurda ed insignificante. Anche in una scia chimica, perchè no? E se Castelli non ha voglia di impelagarsi in un'iniziativa simile, beh, lui stesso fornisce una soluzione: Nel 2015 saranno cinquant'anni che faccio questo lavoro e un po' mi sono rotto. Le singole storie mi annoiano e m'interessa di più la progettualità, le sfide divertenti, mescolare le cose. Ecco, rilanciare Martin sarebbe una sfida degna di questo nome. Antonio Serra, su Nathan Never, sta provando a farlo con il suo personaggio. Sarebbe interessante vedere una cosa simile su MM: Castelli progetti un rilancio, tessendo e architettando dietro le quinte, ed affidi alla squadra di sceneggiatori il compito più gramo, quello di scrivere materialmente le storie. Ne risulterebbe, credo, un lavoro di squadra che potrebbe portare a buoni frutti.

Martin ne ha bisogno, se vuole sopravvivere nella veste che si è cucito addosso. D'altro canto, è vero che a settant'anni non si può essere come a trenta. Ma, applicando il pensiero laterale, è altrettanto vero che a trent'anni appena compiuti non si può essere come a settanta.

p.s.: Ultimamente su MM si commettono errori grossolani (vedere il pur brillante Almanacco del Mistero 2012, "L'ombra di Fantômas" (2011)). A pag.57 di "Congiura nei cieli" Martin, in tv!, dice: Da qui l'appellativo di "scie chimiche", in inglese "chemtrails"... in quale lingua parla, di solito, il Nostro americano preferito?

Un altro esempio di contraddizione: errori banali nel fumetto più colto e curato di Casa Bonelli.